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Pubblicazioni

Comunicazione digitale
Numero 1/2005

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Comunicazione digitale
Numero 1/2005

1. Editoriale

1.1 Comunicazione digitale e innovazione tecnologica

Come sviluppare le società della conoscenza: formazione, informazione e ricerca interdisciplinare su contenuti digitali

di Elisabetta Zuanelli

 

Aprire un numero zero di una rivista è sempre problematico. Dubbi ricorrenti si riassumono in un unico quesito: a chi interesserà? Non c'è dubbio che la lettura, cartacea o telematica che sia, è un atto cooperativo complesso, nel quale l'intento di trattare, specificamente, ma non elitariamente, di innovazione in tecnologie digitali dell'informazione e della comunicazione si scontra con la massa crescente delle fonti di informazione e dei canali di comunicazione stessi. E' il tema crescente del sovraccarico informativo che configura il paradosso della comunicazione: a tanta informazione non sempre corrisponde il successo comunicativo.

Preso atto del dubbio, riteniamo utile delimitare logiche e funzioni della rivista, che si rivolge nel duplice canale cartaceo e telematico, a un pubblico crescente di addetti a trattare sotto profili diversi i temi incalzanti dell'economia della conoscenza.

Allineare il sistema Paese ai tassi di crescita dei partner europei e ai competitori mondiali, tradizionali e non,dagli Usa al Giappone, dall'India alla Cina per menzionare economie sia storicamente consolidate che inedite,significa gestire con completezza di visione le leve dello sviluppo, in particolare quelle connesse all'innovazione tecnologica digitale.

Le decisioni di Lisbona 2000 tese a pianificare le direttrici strategiche dell'innovazione tecnologica e dell'economia della conoscenza nel contesto europeo hanno comportato per l'Italia un primo specifico mandato in materia.

Il compito assunto dal Governo in questi anni ha investito diversi soggetti, diversi attori e beneficiari, diverse logiche dello sviluppo necessario nell'ambito della gestione dell'informazione, della comunicazione istituzionale e delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione: dallo Stato alle amministrazioni pubbliche, dalle imprese alla scuola, dalla ricerca al mercato, dalle famiglie ai cittadini.

Recuperare il ritardo del Paese per quanto riguarda gli investimenti pubblici e privati in tecnologieIT e ICT è stato ed è un tema cruciale. La sua declinazione si affida, in parte, ad una strategia di regolamentazione delle reti, dei prodotti e dei servizi digitali che non soffochi le potenzialità dello sviluppo, ma le collochi nell'alveo competitivo europeo.

Importante, a tal fine, il ruolo trainante assegnato dal Governo e dal Ministro per l'innovazione e le tecnologie alle amministrazioni dello Stato attraverso il piano di egovernment. Oltre alle azioni previste per il settore pubblico ai fini dell'alfabetizzazione informatica del personale è rilevante l'avvio di progetti collegati a una specifica una normativa tecnologica quale la gestione elettronica dei flussi documentali, il protocollo informatico,la firma digitale che consente di trasformare gradualmente i procedimenti amministrativi in procedimenti elettronici, semplificando così l'iter burocratico e promuovendo la diffusione di servizi amministrativi in rete. Il Codice digitale per le amministrazioni pubbliche appena licenziato,di cui parleremo in questo numero, consoliderà una visione regolatoria organica del settore.

Anche l'integrazione tra pubblico e privato è stata incentivata con appositi strumenti progettuali e gare tese a realizzare il passaggio da una amministrazione cartacea ad una digitale.

Ma la rincorsa all'innovazione tecnologica preme. Le logiche correnti dell'economia competitiva digitale sono note: sviluppo di infrastrutture ,contenuti e servizi per il pubblico come per il privato. Su questi binari, il Paese stenta ancora a muoversi, sia sul fronte della domandasia su quello dell'offerta. E, invece, la consapevolezza delle nuove prospettive di qualità della vita nel cosiddetto micromillennio richiedono un'accelerazione forte nella sensibilizzazione e nell'acculturazione informatica, dal livello scolastico a quello economico e sociale. Preoccupa il sociale debole, quello delle vecchie e nuove povertà e marginalità, degli anziani come dei disabili, dei non scolarizzati come degli emarginati, che rischia di aggravare il divario digitale.

La preoccupazione più forte,tuttavia, investe il fabbisogno di ricerca e sviluppo in tutte le sedi istituzionali: nelle università, nelle imprese, nei centri studi, ovunque si crei innovazione culturale.

Lo strumento formazione abbinato a profili di ricerca applicata richiede di avviare progetti interdisciplinari: da un lato le materie economico-aziendalistiche e giuridiche per le applicazioni digitali in chiave organizzativa;dall'altro le discipline linguistico-semiologiche e cognitive per la modellizzazione elettronica di contenuti e servizi; trasversalmente le tecnologie informatico-telematiche nelle quali si traducono contenuti, procedure e servizi della comunicazione e informazione, nel pubblico come nel privato. Di tutto ciò parleremo in Comunicazione digitale.

Il nesso interdisciplinare, intuitivamente convincente, richiede percorsi di studio e di approfondimento operativo del tutto inediti. Tematiche di largo consumo nominalistico quali la gestione della conoscenza nella comunicazione interna ed esterna,le nozioni stesse di informazione e comunicazione dai diversi profili teorici, le logiche di sviluppo e impiego di applicativi, banche dati, motori di ricerca, sistemi informativi, reti, siti, portali, call center; le strategie delle grandi direttrici dell'Europa elettronica attraverso piani nazionali di e- government; il diffondersi di modelli e metodologie di e-learning, di campus e market place virtuali, di piattaforme integrate di servizi di conoscenza: tutto ciò richiede una collocazione teorica e metodologica integrata e adeguata. Dunque, un percorso teoricamente e tecnicamente vario,suscettibile di incomprensioni e appiattimenti semplificatori, che sviluppi nuove competenze, professionalità e mercato. Anche a ciò desideriamo applicarci.

E', dunque, in queste chiavi di lettura che intende collocarsi il centro studi Comunicazione istituzionale e innovazione tecnologica, ComIT, e la rivista bimestrale cartacea e telematica Comunicazione digitale. La rivista esplorerà le tessere dell'economia della conoscenza che investono in chiave competitiva i sistemi Paese. La dizione di economia della conoscenza va certo spiegata, iniziando da un apparente esercizio retorico: quello di giustificare un possibile ossimoro, la contraddizione che sembra contrapporre la concretezza del ragionamento economico all'astrattezza impalpabile della conoscenza. Ma già l'adozione internazionale della nozione di economia della conoscenza, prefigura una visione solidale delle due dimensioni nella quale l'intangibile come fattore umano e come traduzione e trasferimento digitale di contenuti conoscitivi e operativi si qualifica come strumento essenziale di una moderna economia. I tassi di crescita di produttività delle imprese registrati nell'ultimo cinquantennio nelle economie occidentali sono stati ascritti, in parte, alla cosiddetta componente residuale identificata nell'innovazione tecnologica. La recente esplosione delle tecnologie IT e ICT spiega il rinnovato interesse al ruolo della tecnologia come fattore insieme intangibile e concreto dello sviluppo.

Più in generale, nelle società a tecnologia avanzata, interagire con il computer e a distanza per fare cose diverse, nell'ecommerce,come nell'ebusiness, nell'elearning come nell'egovernment, nel gioco come nel tempo libero è una rivoluzione sociale ed economica paragonata da molti all'invenzione della stampa o a quella dell'elettricità. Rivoluzione che comporta un livello apprezzabile di nuova qualità della vita. Questa consapevolezza, a me pare, è presente e pervasiva nelle attività che vuole svolgere il Centro Studi ComIT di cui la rivista Comunicazione digitale e il sito www.icomit.it sono snodi informativi e relazionali concreti. Al tavolo di pensiero sono invitati quanti sono interessati ai quesiti posti e alle prospettive di lavoro connesse.

Buon lavoro a noi tutti!

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