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Pubblicazioni

Comunicazione digitale
Numero 1/2006

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Comunicazione digitale
Numero 1/2006

1. Editoriale

1.1 Contenuti digitali: temi e problemi nel contesto europeo e nazionale

di Elisabetta Zuanelli


Una recente esplorazione degli indirizzi di sviluppo e ricerca europei nell’ambito delle tecnologie dell’informazione ci avverte di un'intensificazione crescente del tema dell’acquisizione, della digitalizzazione e dell’uso di contenuti nel Web.

L’idea di poter sviluppare grandi contenitori, database tematici e funzionali di materiali di varia natura (file di testo, audio, video) per scopi istituzionali, educativi, economici, culturali si collega direttamente a diversi problemi che toccano nuove competenze e nuovi mercati del digitale.

I problemi più urgenti della comunicazione e della qualità del software per la rete sono per lo più noti ma le soluzioni scontano ritardi che in qualche modo paradossalmente ci confortano. Infatti, se la competizione sulle tecnologie di base è forse irrimediabilmente persa per il nostro Paese, il tema dello sviluppo dell’econtent e delle dimensioni di ricerca e innovazione implicate trova al momento tutti i Paesi UE allineati ai nastri di partenza. Vogliamo dire che la ricerca e lo sviluppo per  un Web semantico e per motori di ricerca che superino l’impasse attuale, richiedono da un lato linguaggi più forti e intelligenti e dall’altro architetture tecnologiche che inglobino l’architettura di conoscenza e di comunicazione necessaria per sviluppare software significativi e interfacce interattive semplici e intuitive.

Sul fronte stretto dei contenuti, l’elaborazione di ontologie e metadati efficaci costituiscono il traguardo indispensabile per organizzare i contenuti medesimi ai fini di un loro uso e riuso generalizzato nella rete.

Infine, la progettazione "universale" centrata sull'utente per la realizzazione di prodotti digitali quali siti e portali, in genere di modesto livello nazionale e internazionale, deve cominciare a trattare in modo nuovo il tema della qualità. Per usare un gergo confuso e impuro, l’accessibilità e l’usabilità dei prodotti Web richiedono nuove competenze non estemporanee e professionalità interdisciplinari, nelle quali svolgono oggi un ruolo fondamentale le discipline umanistiche. La partita in gioco, anche economica, è l’interazione con una platea universale di utenti.

In una visione pragmatica, consapevole ed economicamente motivata, nell’ambito del piano e-Europe, l’Unione europea ha lanciato programmi quali l’econtent plus e il programma quadro per la ricerca e lo sviluppo sui temi dell’economia della conoscenza, utili a creare nuove attività e servizi online.

Economie in ritardo competitivo in IT e ICT come la Francia, la Spagna e la Germania si sono di recente rianimate e risalgono dallo stallo tecnologico recuperando terreno mentre le nuove economie entrate nella UE si segnalano per dinamismo e aggressività.

Da tutto ciò è largamente estraneo il nostro Paese nel quale abbondano slogan nominalistici su innovazione e tecnologie, nel pubblico come nel privato.

Cominciamo dagli investimenti nel settore IT, e in generale nelle tecnologie, storica spina nel fianco dell’Italia. Il privato non investe, forse per atavica pigrizia e per consolidata rassegnazione partenopea pensando alla Eduardo che "a da passà a nuttata". La notte è scesa e non è passata; l’Italia langue in un chiacchericcio tecnologico talora sfrontato e arrogante, nonostante gli sforzi del Governo per smuovere dal sonno il Paese.

Siti e portali istituzionali abbondano o sovrabbondano di "monnezza", per usare il gergo informatico, ovvero di informazioni di varia natura e genere che vengono scaricate nei siti e in rete senza verifiche sulla loro reale funzionalità e struttura.

Nel pubblico si erogano contributi per soluzioni e servizi IT che difficilmente corrispondono a innovazioni di prodotto.

Ciò in sé non sarebbe dannoso se altrettanti investimenti fossero destinati a sviluppo applicativo e a ricerca mirati.

Poli tecnologici e parchi scientifici coprono spesso iniziative imprenditoriali che di tecnologico e di scientifico hanno solo l’etichetta.

Ma quel che è più grave, si va assestando una rassegnazione sconsolata sull’impossibilita di un recupero.

In un momento di teso dibattito sugli equilibri economici, sociali e culturali nel mondo e nella tenzone politica in corso spettano ai decisori e ai responsabili un impegno e una promessa.

L’impegno è per la prosecuzione del lavoro di acculturazione e sensibilizzazione tecnologica avviato dal Governo, pur nelle contraddizioni e nei condizionamenti di sistema.

La promessa, se fattibile, è di effettuare un oculato setaccio e un serio bilancio dell’innovazione, anche attraverso un inventario di Enti, società, istituzioni pubbliche e private che svolgono attività di innovazione tecnologica e il loro repertorio documentato di progetti in corso.

La questione tocca anche le Università che si affannano nelle ristrettezze dei finanziamenti ma che talora utilizzano i finanziamenti in modo invisibile al sistema.

Se ricerca e sviluppo servono al Paese, è compito di chi lo rappresenta garantire risorse non virtuali allo stesso.

E’ un impegno ambizioso per voci sommesse e modeste quali una rivista o un Centro Studi, tra i tanti, che tuttavia anche noi assumiamo ed estendiamo in rete a quanti credono che un futuro tecnologico per l’Italia e una veste internazionale dignitosa siano ancora possibili.

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