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Pubblicazioni

Comunicazione digitale
Numero 1/2006

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Comunicazione digitale
Numero 1/2006

2. Intervista

2.1 Ministro dell'innovazione e delle tecnologie Lucio Stanca

logo MIT (Ministero Innovazione e Tecnologie)

Competitività tra innovazione, ricerca e mercato. Quale è la sua formula per lo sviluppo economico nel nostro paese?

L’innovazione deve essere intesa come struttura portante di un’economia che possa competere al livello internazionale. L’Italia per motivi culturali, storici ed anche geografici aveva e ha ancora, per certi versi, difficoltà a comprenderlo. Quando ho intrapreso questa strada, più di quattro anni fa, sapevo che molto vi era da fare e che il lavoro non si sarebbe esaurito nell’arco di  una sola legislatura. Nel 2001, infatti, mancavano le infrastrutture ed era necessario creare una nuova cultura che potesse sviluppare innovazione tecnologica nel sistema nazionale. Era prima di tutto necessario realizzare una forte cooperazione fra i vari settori coinvolti, in primis il governo centrale per definire le politiche di indirizzo. L’uso delle nuove tecnologie, poi, andava radicato sul territorio con il coinvolgimento delle regioni e delle autonomie locali per “fare sistema” con la nascita di imprese innovative, innescando quel dialogo con uno Stato al servizio di una moderna struttura produttiva. In questo quadro anche i centri di ricerca pubblica e le università sono chiamati a giocare un ruolo importante per sviluppare idee che le imprese, poi, devono portare sul mercato per creare valore economico. In Italia, differentemente da altri paesi, la ricerca è finanziata quasi esclusivamente dallo Stato. Questa tendenza  mi auguro possa cambiare proprio grazie al progresso economico che l’innovazione, inevitabilmente, porterà con sé, perché è necessario comprendere che la ricerca è indispensabile per lo sviluppo della nuova società dell’informazione che si sta delineando nel moderno mondo globalizzato.

La realtà economica italiana, infatti, è rappresentata soprattutto da piccole e medie imprese che, per natura, hanno difficoltà a fare ricerca, a meno che non siano specializzate nell’high tech. Abbiamo, allora, individuato alcune aree strategiche di intervento dove avviare un dialogo con il mondo delle imprese, con gli enti pubblici di ricerca e con l’università. E’ proprio il dialogo e la cooperazione tra il mondo pubblico e quello privato, tra la ricerca e il mercato la ricetta base di qualsiasi progresso e sviluppo economico. E’ importante, quindi, che tutti i soggetti coinvolti sappiano riconoscere il merito di un progetto, di un’idea tecnologica e siano disposti a rischiare puntando al suo successo.

Alla luce di quanto ha detto quali sono stati gli interventi specifici che il governo ha attuato in questi cinque anni?

Per la prima volta in Italia abbiamo lanciato strumenti innovativi come nel caso del fondo High Tech nato per attirare la finanza abbassando il livello di rischio, delle medie, piccole e nuove imprese altamente innovative del Sud, ossia quelle che usano tecnologie digitali per l’innovazione di prodotto e di processo, allo scopo di incentivare il numero di investitori istituzionali in Italia (venture capital). Lo stato ha messo a disposizione il fondo di 100 mln di €  assumendosi il cinquanta per cento del rischio di insuccesso e chiede la restituzione del solo capitale nel caso di successo. Il progetto viene gestito interamente dal privato. Inoltre la durata di questo fondo è stata portata a 10 anni costituendo così un ulteriore beneficio per le imprese che vedono procrastinati i tempi di restituzione. Questo piano ha attribuito totalmente al partner pubblico il costo dell’istruttoria in modo da alleviare ulteriormente l’impegno del partner privato.

Inoltre, per sostenere lo sviluppo dell’innovazione digitale delle imprese e aumentare la loro competitività internazionale, promuovendo la nascita di poli tecnologici e l'innovazione di processo oltre a quella di prodotto, nell’autunno 2005 sono stati varati due decreti con una dotazione finanziaria di  630 milioni di €. Entrambi propongono una interessante agevolazione finanziaria: il 10% dello stanziamento infatti è a fondo perduto; l'80% è erogato con un credito agevolato (0,5%) dalla Cassa Depositi e Prestiti e il restante 10% è al tasso ordinario bancario. È inoltre la prima volta che si attua una politica industriale destinando finanziamenti su settori e su progetti individuati dal mercato stesso sulla base delle potenzialità di sviluppo di nuovi prodotti e di competitività sui mercati nazionali ed internazionali. E la risposta che stiamo avendo dalle imprese è di grandissima importanza.

È pure stato costituito il Fondo di Garanzia ICT che, con una dotazione di 160 milioni di €, è in grado di innescare investimenti in innovazione digitale per almeno 3,5 miliardi di € da parte di oltre 16 mila imprese. La piccola impresa ha necessità di ottenere credito per investire nell’innovazione tecnologica in senso lato, dalla formazione, alla progettazione, alla consulenza fino all’acquisizione delle tecnologie. Con la garanzia dello Stato e nessun onere per le aziende, questo fondo ha eliminato così le barriere d’ingresso al credito per innovazioni basate su investimenti “immateriali” (progetti, formazione e software ecc.), che non costituiscono garanzia reale per i creditori. Anche uno specifico piano per il mezzogiorno ha poi individuato 11 territori di eccellenza selezionati secondo le loro potenzialità di sviluppo, e con una dotazione di 100 mln di € si propone di favorire i servizi di e-government, sostenendo lo sviluppo di capitale umano ed aumentando la diffusione della banda larga per stimolare la competitività delle imprese nel Sud.

Come stava accennando all’inizio è necessario avviare anche un dialogo tra la Pubblica Amministrazione e le imprese per innescare quella cooperazione indispensabile per mutare il trend negativo della nostra economia. Ci può spiegare meglio?

Questo governo, considerando le tecnologie dell’informazione e della comunicazione (ICT) una leva fondamentale per il rilancio della competitività, ha puntato sulla definizione di progetti specifici, piani di azione e programmi per portare servizi migliori, più efficaci ed efficienti, sia ai cittadini che alle imprese, ottenendo così un generale miglioramento delle condizioni operative economiche, sociali e culturali del Paese. Agendo anche sulla resistenza al cambiamento, di cui ho fatto cenno, ancora troppo forte in Italia, la modernizzazione dello Stato, attraverso l’eGovernment, costituisce l’apice delle politiche di questo cambiamento. Infatti, attraverso la collaborazione e la condivisione tra l’Amministrazione Centrale e quelle locali abbiamo intrapreso la realizzazione della pubblica amministrazione elettronica, ossia l’e-Government.. Un’operazione che ha coinvolto oltre 4 mila amministrazioni regionali e locali. Trattandosi di una trasformazione radicale e complessa, abbiamo suddiviso la sua attuazione in due fasi. Nella prima, già conclusa, abbiamo investito ben 500 milioni di euro ha portato all’attivazione di 134 “cantieri digitali” e di ben 80 servizi pubblici on-line considerati “prioritari”  per oltre 20 milioni di cittadini e imprese.

La seconda, attualmente in corso, prevede uno stanziamento di oltre 400 milioni di € per la realizzazione di cinque linee di azione: lo sviluppo dei servizi infrastrutturali locali e dell’SPC (Sistema Pubblico di Connettività); la diffusione territoriale dei servizi per cittadini ed imprese (e quindi il riuso delle applicazioni tecnologiche); l’inclusione dei comuni piccoli nell’attuazione dell’e-Government; l’avviamento di progetti per lo sviluppo della cittadinanza digitale (e—Democracy) e, infine, la promozione dell’utilizzo dei nuovi servizi presso cittadini e imprese, anche attraverso la tv digitale terrestre (t-Government). Ma abbiamo creato anche strumenti “diretti” di dialogo con le imprese come “Il Portale per i Servizi integrati alle imprese”. Esso favorisce l’interazione e lo scambio di servizi informativi e amministrativi tre queste e gli enti pubblici. Uno strumento per agevolare, insomma, il rapporto tra gli operatori del sistema economico nazionale e la Pubblica Amministrazione attraverso un efficace utilizzo delle tecnologie informatiche e di internet. Potenziali utenti del portale sono, quindi, tutti gli imprenditori ed aspiranti tali, i loro delegati (intermediari professionali, associazioni di categoria, patronati) nonché tutti coloro che partecipano alla gestione della realtà d’impresa. Il portale costituisce una grossa opportunità di semplificazione amministrativa con una riduzione di costi e di tempi per le amministrazioni che pesa, secondo una stima fatta dall’OECD in Europa, per il 4% del valore della produzione industriale.

Mi preme, poi, sottolineare che nella Pubblica Amministrazione abbiamo attivato due fondamentali interventi normativi che sono il Sistema Pubblico di Connettività, l’SPC appunto, che ho citato prima, e il codice dell’Amministrazione Digitale. L’SPC, una volta ultimato unificherà tutte le reti telematiche statali, regionali e locali ora esistenti in Italia e all’estero. Eviterà alle imprese come ai cittadini di essere “fattorini di se stessi” con la Pubblica Amministrazione. Mentre il Codice, un quadro normativo coerente, omogeneo e unitario per l’applicazione delle nuove tecnologie digitali nella Pubblica Amministrazione, in un ambito di certezza normativa, consente un notevole recupero di efficienza e ingenti risparmi.  Il Codice, che è entrato in vigore il primo gennaio scorso, tra i  primi al mondo, è il risultato di oltre due anni di lavoro è stato redatto in collaborazione con tutte le amministrazioni statali interessate e con il contributo di personalità del mondo dell’università, della ricerca, dell’imprenditoria, degli ordini professionali e delle associazioni di categoria esso offre alle imprese e ai cittadini il diritto di poter interagire sempre, ovunque e verso qualunque Amministrazione attraverso la Rete e, nello stesso tempo, obbliga tutte le Amministrazioni a rendere disponibili on line tutte le informazioni.

Nell’ottica dei risultati raggiunti e nell’ambito del dialogo intrapreso con il mondo imprenditoriale è bene mettere in evidenza che, ad oggi, oltre il 60% dei servizi ‘prioritari’ della PA centrale è disponibile on line; abbiamo superato un milione e ottocento mila firme digitali; l’80% dei dipendenti pubblici ‘informatizzabili’ ha una casella di posta elettronica, contro il 32% del 2001.

Insomma, possiamo dire senz’altro due cose: La prima che il cammino è ancora lungo e c’è molto ancora da fare. La seconda, che rispetto a cinque anni fa è stato tracciato un percorso che è necessario proseguire e dove, nonostante le enormi difficoltà del periodo che abbiamo vissuto, sono stati raggiunti risultati importanti.

Recentemente insieme all’OCSE avete organizzato una conferenza internazionale sui contenuti digitali e la nuova economia della rete. Quale la sua opinione sulle potenzialità e le prospettive dell’era di Internet?

La rivoluzione digitale, che abbiamo avviato anche in Italia con la diffusione, in questi cinque anni, di una nuova cultura della rete, rappresenta per tutta la società, una straordinaria opportunità di informazione, condivisione della conoscenza, crescita culturale, intrattenimento.

Siamo alla fine della legislatura e voglio terminare aprendo sul futuro: nei prossimi anni i contenuti digitali diventeranno un fattore strategico a sostegno dell'economia e l'Italia ne ha da tempo avviato il circolo virtuoso: infrastruttura-contenuti-competenze. Le opportunità tecnologiche oggi disponibili cambiano, oltretutto, il modo tradizionale della produzione, della distribuzione, della commercializzazione dei contenuti digitali; essi, infatti, vengono sempre più prodotti anche al di fuori delle tradizionali industrie dell'intrattenimento o dell'editoria, coinvolgendo settori quali il turismo, la Pubblica amministrazione, i servizi finanziari ed altro, fino a giungere agli stessi utilizzatori del Web, che divengono contemporaneamente produttori e consumatori di contenuti in Rete.

Con questa conferenza, organizzata a fine gennaio a Roma, abbiamo aperto una frontiera, non solo culturale ma anche industriale, per discutere di questi temi assolutamente nuovi ed aprire un confronto di respiro internazionale. I contenuti digitali rivestono, infatti, un ruolo sempre maggiore nelle economie dei Paesi OCSE, e sono destinati a diventare un’infrastruttura creativa di fondamentale importanza, alla base dell’economia della conoscenza e al centro, persino, di settori quali la salute, l’istruzione e la cultura.

Internet, inoltre, è divenuto un mezzo di comunicazione di successo, in quanto si basa sul principio di collaborazione. Diventa necessario, quindi, l’impegno di tutti gli attori coinvolti per popolare la rete e promuovere lo sviluppo del mercato dei contenuti digitali liberamente fruibili. Per primo del settore pubblico per immettere in rete contenuti digitali per la diffusione del sapere e della cultura in modalità di pubblico dominio; poi  è necessario l’impegno degli operatori privati ad immettere, in tempi brevi, una rilevante quantità di contenuti ed a favorire la nascita di ambienti telematici per l’offerta legale degli stessi.

Incentivare ed incoraggiare il raggiungimento di specifici accordi tra le parti interessate, che favoriscano la collaborazione tra gli operatori del settore e gli utenti, e nei quali le Istituzioni svolgano un ruolo di garante è la prospettiva vincente della nuova economia del futuro.

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